Burocrazia, organizzazione sanitaria, carenza di personale, sicurezza e attrattività della professione sono stati i temi al centro dell’incontro tra l’Ordine dei Medici chirurghi e Odontoiatri di Verona e le organizzazioni sindacali di categoria del territorio.
Un incontro fortemente voluto dall’Ordine e finalizzato all’ascolto e al confronto delle parti coinvolte per fare il punto sulle tematiche più impellenti nel settore. Hanno partecipato i sindacati dei medici di medicina generale e dei medici ospedalieri della Aulss 9 Scaligera e dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata (Fimmg, Fismu, Snami, Anaao Assomed e Cisl Medici), degli odontoiatri (Andi), dei pediatri di libera scelta (Fimp), degli specialisti ambulatoriali (Sumai), dei medici in quiescienza (Federspev) e le direzioni mediche e sanitarie delle cliniche private convenzionate San Francesco di Verona e Pederzoli di Peschiera del Garda. Presenti, per l’Ordine dei Medici e Odontoiatri, il presidente Carlo Rugiu e il Consiglio.
«Ringrazio tutti i partecipanti per aver condiviso la volontà di confrontarsi e affrontare insieme le modalità di intervento volte ad arginare le difficoltà della sanità veronese, sempre in favore dei cittadini e dei loro bisogni di salute», dichiara il presidente Rugiu.
Molti i punti di interesse attorno ai quali si è sviluppato il dibattito, ma il rilievo comune a tutti gli interventi ha riguardato l’insostenibile surplus di lavoro determinato in parte dal carico burocratico che grava sui professionisti del territorio, squalificandone il lavoro di cura, e in parte dalla carenza ormai sistemica di specialisti nelle fila della sanità pubblica e privata, dettata anche dalla bassa attrattività di alcune Scuole di specializzazione (come quelle afferenti alla Medicina dell’emergenza-urgenza e alla Medicina di laboratorio), dove le borse non assegnate sfiorano il 75% e il tasso di abbandono dopo il primo anno è del 25%.
A questo proposito, ha sottolineato Rugiu, «Dopo l’aumento delle borse di specialità, che abbiamo accolto con favore, si pone la necessità di avviare una nuova programmazione, incanalando i neo laureati verso quelle aree della sanità nelle quali c’è maggiore bisogno. Se i nostri giovani colleghi non hanno interesse a lavorare nei Pronto Soccorso perché gli scatti di carriera sono minimi, il rapporto con i pazienti non è sempre facile e non c’è possibilità di esercitare la libera professione, occorre andare loro incontro, per lo meno con un adeguamento degli stipendi. Dopodiché occorre anche ristabilire quel passaggio generazionale che serve a formare non solo le conoscenze, ma anche le coscienze dei giovani medici, affinché amino la professione».
Sulla base di quanto emerso, al termine dell’incontro è stata auspicata da tutti i presenti la necessità di non andare più ognuno per conto proprio, ma di creare una forza unitaria d’impatto per tutelare il lavoro, la professione e dunque il diritto dei cittadini a ricevere cure e assistenza adeguati.